“Amarcord” significa come tutti sanno ormai,   mi ricordo, ” mi rimetto  in  cuore”. E’ una delle etimologie più semplici, deriva dal latino cuore = cor, cordis, ricordate il  sursum corda – in alto i cuori!- che ci faceva ridere, da bambini, a catechismo, facendoci pensare ad una corda cui aggrapparci?  Beh, ci eravamo vicini…. Stesso etimo di concordare, discordare, incoraggiare, scoraggiare.

Nel 2016, due anni prima di morire,  Guido Ceronetti  scrive un libricino, esile e terribile, initolato Per non dimenticare la memoria. Racconta le angosce senili del perdere memoria e di come contrastare questo dramma, un piccolo capolavoro. “Vorrei la memoria tenerla avvinghiata come un’amante determinata a lasciarmi. E non puoi, sorprendendola ogni momento in tradimenti flagranti, come qualunque imbecille, ammazzarla. Puoi tuttalpiù impazzire…” . Suo amico e grande estimatore,  feci invitare Ceronetti   a Rimini per ben due volte, nel 1996 e nel 1997: incredibile che  il Meeting accettasse di invitarlo e che lui accettasse di venire!

Mi rimetto sulle tracce di Ceronetti alla ricerca della mia memoria perduta, ormai totalmente dipendente – come lui aveva  previsto e temuto – dalla strumentazione digitale;  e mi imbatto in un suo profetico  testo, pubblicato sulla Stampa nel 1992 (che ripresi e pubblicai come postfazione al libro Enigma cancro nel ’94 ), che parla di pandemie: “ Orrori evidenti, le città sprangate, lo spettacolo offerto alle menti pensanti dai fatti epidemici, fornivano materia al pensiero non puramente astratto (…)  forse il pensiero sentiva la pandemia come molto simile alla guerra… La pandemia però non è la guerra: ( …)  in una epidemia la nostra passività è totale… Tutte le epidemie si presentano velate: chi strappa il velo e dice, senza inorridire, la faccia che ha visto non è creduto …” La cosa inquietante è che ovviamente Ceronetti parla non del Coronavirus che sarebbe apperso 28 anni dopo,  ma di cancro !  Esattamente come Papa Francesco parla di pandemia della guerra . E’ Ceronetti che profetizza  tutte le possibili forme di pandemia:  ” non ci sono limiti al suo strazio, piú forte di un milione di Ecube e di Racheli, ma mi è impossibile rendermi credibile dal momento che parlo dalla riva di un sistema di pensiero assassinato…“.

Avevo conosciuto Ceronetti a Roma, il 20 gennaio 1995, nel gelido androne del Palazzo dei buchi, l’EUR (“il funerario fascista all’apice della sua smorfia” ) per la grande Mostra dedicata a Fellini scomparso solo 15 mesi prima: “Tanta fretta di celebrarlo musealmente, con un enorme e glaciale circo itinerante, rende perplessi” – scrive – “Il visitatore è fatto sfilare davanti a quel che si vuole il surrogato di qualsiasi realtà, il video, fastidiosamente presente in decine di apparecchi dove si sgrana contemporaneamente una selezione muta che si ripete …All’uscita ce n’è addirittura un Niagara: su un piano inclinato, immenso, venti e più teleschermi  rovesciano film di Fellini degradati a fuoco d’artificio tecnologico, un sovraccarico di visione che è il triste rinnegamento di quel che è il vedere..L’equivalente di queste video-semplificazioni è la colonna sonora filodiffusa, che non cessa mai un minuto, fatta di tre o quattro spezzoni incollati delle musiche più note di Nino Rota (…) tendono a esiti di ebetudine (…) Sicuramente non sono mancati agli organizzatori né l’affetto né un vivo entusiasmo: ma le idee originali sì, l’immaginazione del tutto;  Il buon gusto, nessun finanziamento può surrogarlo.“.

Dal “pensiero assassinato… della medicina oggi in trono, massima potenza mondiale”  che parlando  di Kink Peste impedisce di alzare il velo sulla vera pandemia, fino alla impietosa descrizione mortuaria delle celebrazioni felliniane fin  dal loro esordio romano, la memoria invocata da Ceronetti  mi colpisce davvero al cuore mentre rivedo in televisione, per l’ennesima volta, con l’amaro in bocca, l’amarissima , metacinematografica ” Dolce vita” . E non solo per l’affettuoso  rimando di Ceronetti al libro di Peter Bondanella  “che introduce all’universo felliniano in modo perfetto (il suo editore, Guaraldi, me lo ha fatto cadere gentilmente nel cappello mentre suonavo al Palazzo dei Congressi, per nessuno in verità, l’organo di Barberia)”; ma per  la verità mai creduta che sta sotto questo modo di fare memoria del pensiero assassinato:  “ Queste mie osservazioni intendono essere un contributo affettuoso al miglioramento della Mostra nei suoi successivi allestimenti... qualcosa che si manifesta nel tempo senza terminare nel tempo, un tracciato sulla sabbia che riduce a zero la voluminosità dei successi, polverizza qualsiasi ridicolo Oscar. E la stazione di partenza di questo gran movimento? Una provincia piuttosto materiale e povera di sogni, uno o due giornali umoristici, qualche vignettina, le storie di Petronilla….

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