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Ipocriti tutti

Mi succede ormai da qualche fine settimana: la sensazione di soffocamento, di annegamento dentro le troppe pagine degli inserti letterari dei quotidiani stranamente rinati e nuovamente drogati di carta come in tempi che speravo dimenticati. Una nausea che ritrovo passeggiando ormai rarissimamente fra i banchi delle librerie su cui si accumula lucida e ammiccante la stessa montagna di carta fatta libro che mi fa sbottare in un «basta!».

Basta con questa concezione di cultura deformata a romanzo, come una gobba, come un prosciutto reso quadrato dalla pressa per essere più agevolmente trasportato. Basta con questi allettamenti apodittici di frasi fatte, di testimonial eccellenti che ancora una volta riescono a tutto omologare facendo dei cosiddetti “inserti” la stessa paccottiglia dolciastra e saccente. Basta con questo nevrotico recinto di oche sapienti, con questa letteratura che si pretende mediatrice di vita vissuta per la nostra incapacità di viverla da soli. Basta con questo bulimico circo editoriale che pretenderebbe leggessimo ininterrottamente giorno e notte solo a voler spilluzzicare una manciata di libri fra i mille che vengono inopinatamente vomitati su ciò che resta del mercato del libro post Amazon e post Covid,
le due pesti del secolo in atto.

Non è questa la cultura di cui abbiamo bisogno. Speravamo anzi che il Covid l’avesse fatta morire, come è giusto che sia, finito il  proprio turno di giostra, mentre si affacciavano i video con le tessere dei primi straordinari concerti a distanza a comporre il mosaico della nuova creatività esplosa nel contenimento. Invece, improvvisati corrieri albanesi e pachistani imperversano sulle nostre strade con carrette anonime, trasportando ogni genere di chincaglieria per i nostri vizi ritrovati, oggettucci magari da 5 euro che di consegna costa il decuplo ma soprattutto una quantità spropositata di CO2 alla faccia della nostra pretesa conversione ecologista. Che senso ha tutto questo, grida Greta?

Non dovevano essere morti e sepolti senza neppure la presenza dei parenti quegli anziani strumenti di propaganda politica camuffata da informazione che quotidianamente, appunto, duplicano e infiorettano le notizie già ascoltate la sera prima ai telegiornali? Non dovevano essere stati ammazzati dalla prima ondata e dalla disaffezione degli inserzionisti preoccupati di capire come sfruttare al meglio le nuove potenzialità offerte dalla pandemia? Cosa è successo mentre mi ero evidentemente distratto, al punto di vederne addirittura nascere uno nuovo di zecca inneggiante al Domani mentre sembra la nostalgia di ieri, quando tutti in coro piangevano che non si sarebbero più potuti pagare i miseri stipendi dei giornalisti? Cosa diavolo sta succedendo se addirittura papa Francesco e Bill Gates si lasciano assumere come praticanti da nuove testate “green&blue” per la riconversione verde dell’economia del futuro? Che partita si sta giocando sullo scacchiere dei cosiddetti poteri forti – qualunque misteriosa e improbabile cosa essi siano e rappresentino e vogliano – che sbattono i loro uomini a capo dei giornali affinché sbattano in prima pagina cardinali pedofili ricoprendo di sterco del diavolo ogni autorità e istituzione e riuscendo in breve tempo a fare ciò in cui fallì in tempi lontani anni luce il grande picconatore Cossiga, cioè delegittimare tutto e tutti?

Attenzione al “decostruzionismo”, al divide et imperat, regola aurea di tutti i tempi di crisi: la pretesa di fare tabula rasa è la nuova terrificante forma della colonizzazione culturale. Non lo dico io, lo dice il Papa: «Un modo efficace di dissolvere la coscienza storica, il pensiero critico, l’impegno per la giustizia e i percorsi di integrazione è quello di svuotare di senso le grandi parole come democrazia, libertà, giustizia, manipolate e deformate per utilizzarle come strumenti di dominio…». Impressionante!

Ecco additato da Francesco l’interesse dei potenti per i giornali e l’editoria. Sgamati! Tempi di strategie con la S maiuscola, questi che stiamo vivendo. E non ce ne accorgiamo. Partite giocate su scala mondiale come neanche Risiko ci ha insegnato, la Kamchatka è davvero strategica a prescindere.

Mentre i pallidi profeti disarmati alla Rifkin davano per morto il ruolo dell’editore, assistiamo invece a un riarmo degli spalti dell’editoria mondiale contro i barbari che l’avevano assalita dal selvaggio web della drogata gratuità dei contenuti. A morte i ladroni di info! Cultura e informazione sono proprietà privata! Ecco il grido che percorre la nuova profluvie di carta stampata.

Mi accorgo dal tremito delle mani di quanto la lettura dell’enciclica papale mi turbi facendo riemergere quella speranza in un futuro di sorellanza universale che temevo nascostamente seppellita come uno di quei poveri feti di recente riapparsi nella periferia della nostra coscienza, con o senza il nostro nome sopra poco importa.

Ipocriti tutti, fratelli miei responsabili di ogni morto in mare, di ogni sparato di mafia, di ogni bambino sfruttato per una tazzina di caffè sulle nostre tavole.

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Lettera aperta a Diego Piacentini

DiegoPiacentini 3-kmHB-U107070736279GKD-1024x576@LaStampa.it

Caro Diego,

L’emozione di vederti all’improvviso Commissario del Governo per il digitale e l’innovazione mi scatena un flash-back di ricordi: non solo quelli del recente viaggio a Seattle quando Amazon  stava  finendo di costruire,  nella zona del porto, ben 4 palazzine per ospitare le centinaia di ingegneri informatici neo assunti per lavorare al suo algoritmo; o della piadina romagnola che mi hai offerto nel locale del tuo amico cesenate. Ma quelli più antichi, del lontano  1997, quando ti invitai a Rimini per un confronto a muso duro con Umberto Paolucci, vice presidente Micrososft davanti a una platea di 5.000 persone.

Lui riminese, tu milanese – la tavola rotonda organizzata nell’ambito del 17mo Meeting aveva un titolo francamente  banalotto  ( La sfida europea dell’informatica: per una realtà futura non solo virtuale ), ma non si poteva essere troppo espliciti sulla  verità del  confronto-scontro fra le due galassie nemiche Microsoft e Apple (tu eri invitato  in qualità di Vice President Sales e General Manager di Apple Computer Europe, negli  anni di crisi dura per il mondo Mac; Paolucci come  Vice Presidente di Microsoft Corporation e Senior Chairman di Microsoft Europa Medio Oriente e Africa ).

Tu eri  davvero giovane, teso come una corda di violino,  si prendeva la scossa solo a starti vicino. Ti tiravi dietro quel buffo  portatile  supercorazzato  e quasi a manovella che assomigliava a una tartaruga Ninja,  progettato da Steve Jobs per una diffusione planetaria (!) che avrebbe dovuto partire  dall’Africa, per alfabetizzare ( al digitale ) i milioni di bambini del terzo e quarto mondo. Sarebbe dovuto costare cento dollari, quando i computer costavano ancora milioni!

Ripeto a scanso di equivoci: era il 1997, diciannove anni fa, tre anni prima del tuo approdo in Amazon.

Dal match con Paolucci tu uscisti piuttosto malconcio; e ti sfogasti durante tutta la cena al Borghetto.  Umberto – con cui sono ugualmente diventato amico – aveva declinato l’invito, non aveva  mica tempo da perdere, lui ! Manager navigato, abilissimo, politicamente prudente, col culto del business, ti aveva trattato un po’  da ragazzino presuntuoso. Fatto sta che il futuro digitale dell’Europa, a dispetto del titolo dell’incontro,  sarebbe rimasto solo “virtuale” ancora per molti anni (come pragmaticamente aveva sostenuto Paolucci).

Ma anche lui aveva qualche segreta ambizione da manager “pubblico”  e lo si sarebbe  visto nel giugno 2006 quando fu chiamato da Rutelli, come presidente ENIT, a riparare i danni di un disastroso “Portale Italia” costato “miliardi”  (e del ridicolo logo per il turismo subito battezzato “cetriolone” ).   La  sua prestazione fu però ,  oggettivamente ,  più che deludente … : le sabbie mobili ministeriali inghiottirologo-cetrioloneno e digerirono anche l’abile numero due di Bill Gates.

 

Ma col tempo e con la paglia, si sa, maturano anche le nespole!

Almeno per l’Italia c’è voluta tutta la stupidità delle sue corporazioni (a partire da quella editoriale) e la miope avidità della sua classe politica per riuscire a far perdere al Paese ben diciannove anni, prima che potesse maturare – speriamo – la  nespola dell’innovazione con la paglia di Matteo Renzi.

Ignoro se sia  stato lui personalmente o il suo amico e consulente Paolo  Barberis a contattarti per gettare le basi della trattativa che ti ha portato ad accettare la scommessa che sembrava persa nella rassegnazione generale.

Ha mille volte ragione Luca De Biase nel suo bel Crossroads su Nova (Il Sole 24 ore) a sostenere argutamente che “la tappa romana di Piacentini rischia di essere interessante. Potrebbe non essere l’ennesima replica della commedia all’italiana”.

La tua nomina apre in effetti scenari affascinanti, inediti e persino comici: gli editori e i produttori di beni industriali che ti avevano bollato come “il nemico” per eccellenza nella tua veste Amazon, per la “concorrenza sleale” (sic!) al commercio tradizionale di libri e di merci, da domani dovranno passare, chini  e schiumanti rabbia, sotto le tue  forche caudine politico-culturali  sventolanti il tricolore; o starsene  nascosti  “all’ombra dei muri di gomma” come argutamente annota De Biase. E se questo non fa il paio con la inattesa decisione di Google di puntare sul polo di sviluppo tecnologico per le Apps nella sgangherata Napoli delle puzze e dei  rifiuti, dimmi tu se non c’è materia per farsi due risate!

Sì, è cambiato il vento.

Di qui al 17 agosto, quando ti insedierai a Palazzo Chigi, prima ancora dell’uscita del decreto governativo che espliciterà i tuoi compiti, vedremo tutto il caravanserraglio dei peggiori vizi italiani, dall’adulazione servile al cinismo più scafato, dal gattopardismo al sabotaggio fino all’abile uso dei veleni mediatici. Vedremo le prime mosse degli imbalsamatori dell’innovazione, a partire dal già annunciato tema del conflitto di interesse (personalmente risponderei con una risata, ma non ho nulla da insegnarti; ad  Amazon ciò che è di Amazon e all’Italia ciò che è dell’Italia).

Per ora, caro Diego, sono semplicemente felice (come solo un bambino di 75 anni può esserlo ) della  tua mail in cui rispondi alle mie preoccupazioni con due semplici parole: “sono ottimista”.

La perversa capacità spappolatoria e insabbiatrice della burocrazia italiana dovrà dunque confrontarsi non tanto con il tuo “non aver nulla da perdere” o con la incredibile  formula del tuo “servizio volontario” che ha fatto sollevare più di un sopracciglio; e neppure dovrà fare i conti soltanto  con la tua nota abilità di manager coi canini appuntiti (che “non frequenta un convegno alla settimana”!) .

Dovrà piuttosto tentare di “capire” la  rivoluzionaria semplicità del tuo ottimismo lungimirante (che sa guardare lontano). E non ci riuscirà: agli insipienti la loro mancanza di senno[1] .

Tuo
Mario Guaraldi

 

 

[1] “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe” . Così’ Gesù di Nazareth, alla faccia del pensiero laico!.

 

Duro a dirsi : bisognerebbe buttare il bambino con l’acqua sporca

Motta, presidente dell’Associazione Italiana Editori, si dimette dal consiglio di amministrazione dell’ente che organizza la kermesse di Torino. Tra i nodi, i nuovi soci

Motta

Federico Motta, presidente AIE,  con la sua faccia da panettone ben lievitato,  ha finalmente avuto conferma di quanto pesi la sua decotta Associazione in ambito Salone dei Poteri Forti del Libro di Torino: zero. Le sue “nobili” dimissioni, il classico coraggio di chi chiude la stalla quando i lupi  hanno ormai già divorato le mucche dalle mammelle svuotate , hanno provocato la felliniana pernacchia della Presidente della Fondazione per il Libro Giovanna Milella (Milella chi?) e della sfinge Ernesto Ferrero (basta guardarlo) Direttore del Salone del Libro : “l’operatività del Salone va avanti a pieno regime, anche perché l’interlocuzione con gli editori è diretta”! Alla faccia del ruolo di mediazione della ormai decotta e quasi cieca Associazione degli Editori, incapace sia di avere un ruolo “propositivo” dentro la Fondazione torinese, sia di fare  guerra al Salone proponendo la tanto agognata centralità milanese…

Cosa aggiungere a questa piccola cronaca di ordinaria incapacità della nostra editoria ? Ah si, che Amazon, ”il nemico”,  ha deciso di diventare editore col nome di Amazon Publishing (vedi intervista della sanremese  sexy-doll Alessandra Tavella, nuovo “acquisition Editor  del nuovo editore Amazon!). Di più : ha deciso di aprire 400 librerie fisiche. Ragazzi, se non siete capaci di fare il vostro mestiere, andate a casa! Vedi rumors.

Che fare (domandava Lenin)? Semplice: buttare il bambino con l’acqua sporca…

Que viva Amazon!

 

Mario Guaraldi

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