Mi colpisce il successo che sta riscuotendo il film dedicato all’Isola delle Rose. Un “filmetto”, avevo sospettato prima di vederlo, riandando con la memoria a come tutti noi, impegnati politicamente in quegli anni, avevamo liquidato la vicenda come la furbata di un gruppetto di anarcoidi qualunquisti che voleva impiantare una discoteca senza pagar tasse e senza dover rendere conto a nessuno. Strategia della “diversione”, avevamo decretato!

Mentre il 1° maggio 1968 innescava a Parigi la rivolta che poi infiammò l’Europa , al largo di Rimini l’ingegner Rosa proclamava l’indipendenza della sua isoletta brindando a Cynar e forse a moscato di San Marino, pensando alla loro bisca. Invece no, mi sbagliavo. Forse non la vicenda di ieri – molto ambiguamente “riminese” – ma di sicuro la sua rivisitazione di oggi, è un ritratto estremamente efficace, a tratti feroce, del sogno di ogni italiano, oltre che un giudizio clamorosamente perfetto di cosa è stata la nostra classe politica. Come la goliardata di allora possa essere cresciuta nell’immaginario collettivo fino ad assumere i connotati del mito, a dispetto delle molte inchieste su come sono andate realmente le cose (una per tutte quella di Cinematica), non è facile da spiegare. E comunque la dice lunga sulla psicologia attuale degli italiani: tutti noi vorremmo poterci sentire fuori delle acque territoriali per farci uno Spritz con gli amici, dichiarare l’indipendenza dei nostri 40 o 400 metri quadrati di proprietà piantata sulle palafitte di mutui che non sappiamo come pagare, in mezzo ai flutti di una pandemia che ci spaventa più per ciò che nasconde che per il bollettino dei morti. Si chiama “processo di identificazione”, Giorgio sono io.

Poco importa che il “filmetto” di Sydney Sibilia col bravissimo Elio Germano sia bello o brutto, di destra o di sinistra: il fatto è che ci rappresenta, è una specie di moderna favola di Natale, tutto sommato a lieto fine.

In questi ultimi giorni di un anno infausto avevo deciso di farvi gli auguri, poi ho avuto la cattiva idea di andare a rinfrescarmi la memoria sul dizionario (sì, l’avevo letto da qualche parte che l’etimologia è una passione senile), scavando nelle parole per trovarci dentro una traccia fossile, l’imprevista testimonianza di un sogno, un’emozione. Il dizionario mi spiega che il verbo latino augère (crescere, abbondare, prosperare), col suo contrario (sciagura, sciagurato), rimanda alla figura degli antichi sacerdoti che prevedevano il futuro basandosi sul volo degli uccelli (av-is/au-is=uccello + gero=fare, operare).

Ma come potrei azzardarmi a ricavarne per voi rosei auspici con i neri uccellacci che svolazzano di questi tempi nei nostri cieli, sopra questo mare della politica in tempesta? Eppure il mio dizionario etimologico ancora una volta mi spiazza: con augére si connette pure il latino auctor, autore: propriamente «colui che fa crescere, germogliare»; e auxilium (Maria “ausiliatrice”).

Ecco da dove spunta il mitico Autore che fa crescere e germogliare le parole, le concatena una al l’altra, le fa sviluppare in una narrazione dinamica, un racconto, un romanzo, un film, un Salmo («La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo», Salmo 85). Questo Auctor con l’Amaiuscola mi piace molto, molto di più dello stregone che interpretava il volo degli uccelli; e questo auxilium, questo materno refugium peccatorum dove si può tornare dopo aver fatto disastri, dopo aver sognato di poter cambiare il mondo anche solo facendo una discoteca in mezzo al mare, ancora di più.

Sì, mi è simpatico lo svampito ingegner Giorgio Rosa protagonista di questa favola, di questo filmetto natalizio – molto più del mica tanto svampito ingegnere qualunquista che è stato in realtà – coi suoi improbabili amici, la sua ragazza dalla voce roca (Pavese!), la meravigliosa Bologna notturna e la rotonda sul lungomare di quegli anni, vista dall’alto, col Grand Hotel alle spalle. Questo film mi sembra più sano di qualunque inutile, volatile ricostruzione della realtà.

Joyeux Noël, caro lettore! Festeggiamo la nascita dell’Autore per antonomasia, finalmente senza cenoni, in famiglia, magari guardando assieme ai nostri bambini L’Isola delle Rose, spiegando loro che quel ministro degli Interni, quel Presidente coi baffi, quello scomparso Consiglio d’Europa di Strasburgo, sono esistiti per davvero, hanno indirizzo, nome e cognome. Come caricature sono tutti straordinariamente somiglianti all’originale , ve lo garantisco io che li ho conosciuti. I personaggi senza fantasia che hanno preso il loro posto troveranno anch’essi a tempo debito un regista che saprà raccontare la favola tetra di questo nostro incerto Natale prima di un incerto vaccino…?