Un bel servizio di Matteo Sacchi su Il Giornale, dedicato al recente” Processo ai Vitelloni” celebrato a San Mauro Pascoli, secondo la consolidata e brillante “formula” di dibattimento culturale inventata da Miro Gori – che ha visto in passato processare fra gli altri Giuseppe Garibaldi, il Passatore e Giulio Cesare – mi stimola qualche riflessione. Perché questa volta, sotto processo, non c’era un personaggio storico, ma una generazione intera, quella dei Vitelloni appunto, raccontata in uno dei film più belli del primo Fellini. Il processo si è concluso con un imprevisto e inedito verdetto di parità assoluta, un paradosso statistico alla conta delle palette alzate in sala dagli spettatori: dunque, né colpevoli né innocenti.
«I Vitelloni restano un monumento alla peggio gioventù maschile, regredita al comodo eterno stato infantile, mammoni e traditori, bandiere di un’inconcludenza che è indifferenza. Bighellona, bovina, bulla, banale, irredimibile. In una Italia che riparte dopo il dramma della Guerra, i Vitelloni rispondono con l’emblematico gesto dell’ombrello di Alberto Sordi a chi lavora»: così l’Accusa. Ed ecco la Difesa: “«Io non difendo il Vitellone ma lo elogio: è l’archetipo dilatato dell’Italia. La società ci rende ingranaggi di un sistema, il Vitellone esce dagli schemi. È un non integrato, un individualista che risponde solo a sé stesso… ».Un’ arringa che corrisponde in tutto e per tutto alla storia e al carattere del facente ruolo di avvocato difensore che la pronuncia.
Ed ecco il commento di Sacchi: “Non possiamo incriminare i ragazzi di Fellini. Sarebbe un’autoaccusa. Nei Vitelloni c’è tutto il male dell’edonismo e dell’individualismo italico e tutto il bene. Ed ecco che allora si sospende il giudizio, come guardando una nostra foto giovanile… Che faccia da schiaffi quella di allora certo, però era la nostra, la più vera, onesta. E quel ritratto felliniano della piccola rivolta individuale, a volte un po’ menefreghista,non può essere soggetto a sentenza. Non ne abbiamo il cuore, non abbiamo le pietre da scagliare, le dovremmo levare dalle fondamenta dell’io”.
Che bello! Raccattare i sampietrini del nostro cuore, pronti a scagliarli contro la peggio gioventù attuale – i nipotini dei Vitelloni – che per ferragosto ha contraddetto tutte le norme imposte dalla prudenza verso il mostro sempre in agguato, il Covid; per poi subito gettarli a terra, come al processo della Torre Pascoliana…
Giudizio sospeso? Peggio : impotenza di Giudizio. Parità esatta fra colpevolisti e innocentisti, come per tutti i grandi processi recenti, come per la politica del nostro Paese dai tempi di Berlinguer. Un Paese perfettamente spaccato a metà, dove solo la compravendita di qualche voto al centro sembra poter spostare l’asse della bilancia, dal giallo-verde al giallo-rosso, da centrosinistra a centrodestra o viceversa. Berlinguer cavalcò per questo la speranza di un “Compromesso storico”, non si può governare un Paese rincorrendo anche solo l’uno per cento di vantaggio. Poi il Paese precipitò negli Anni di piombo, scivolò negli anni della corruzione generalizzata fino al giustizialismo di Mani Pulite, annaspò nel rigurgito berlusconiano, nei grandi tradimenti che hanno affossato Prodi e Letta, fino alla situazione attuale. L’Italia sembra diventata davvero una Grande (Im)Potenza!
Ci sono delle parole che non riesco a memorizzare tanto forte è il processo di rimozione con cui il mio inconscio si difende dai loro contenuti minacciosi. Una di queste parole è ” ENTROPIA “: ha a che vedere, credo, con lo stallo del giudizio sui vitelloni contemporanei (e di quelli futuri), quelli delle follie ferragostane e delle drammaticamente esilaranti interviste su Facebook de “Il milanese imbruttito”, guardatele, roba da brivido. L’etimologia della parola entropia, composta dai termini “dentro” e “trasformazione”, ci dice di una misura del disordine. Anche se originariamente fa riferimento alle tre Leggi della Termodinamica, oggi il concetto di entropia va molto di moda applicato alla teoria dell’informazione: una goccia d’inchiostro lasciata cadere in un bicchier d’acqua, o una boccettina di profumo lasciata aperta, innescano un processo caotico di disordine non rimediabile. Lentamente, l’inchiostro intorbida tutta l’acqua e ile molecole di profumo evaporano del tutto! Parimenti, le cacate depositate da cattivi giornalisti fra le righe dei loro cattivi articoli ammorbano l’aria culturale di chi legge per giorni e anni… Stefano Carluccio dedica a sua volta a questo tema, un bel servizio sul redivivo “Avanti!”, intervistando uno studioso ebraico di Cabala: in ogni essere umano – scrive – c’è la tendenza ad autodistruggersi, la Paura è una Trappola, l’individuo spaventato si ammala più facilmente. La Politica, uguale, aggiungo io. Questa è la stagione di una politica malata. Conclusione: ” La sapienza è preparare un vaccino contro l’entropia umana, contro il disfarsi, contro il disorganizzarsi”. Questo vaccino si chiama banalmente “cultura”.
Abbiamo colpevolmente rinunciato a capire cosa si combatte nel cuore delle nuove generazioni di vitelloni, poveri bambini abbandonati a loro stessi da una generazioni di padri e di madri che non si sono neppure posti il problema di educarli, perché loro stessi “individualisti che rispondono solo a loro stessi” (per riprendere l’apologo del cattivo avvocato difensore): lo sguardo posato sempre altrove, stessa ansia di “possedere” e di “apparire” dei loro figli viziati che si credono onnipotenti mentre sono solo divorati dal timore del giudizio altrui.
E’ la generazione dei padri dei Vitelloni a dover essere condannata.