Da miscredente professo qual’era, Maurizio Balena ha visto esaudita la sua preghiera: morire di un colpo mentre mangiava con gli amici.
Ora sono io a temere  la sua violenta e sacrosanta arringa contro i mangiaostie a tradimento come me, che sta concionando presso il Tribunale supremo.
Confido che il giusto Giudice vorrà usarmi, a tempo debito, quanto meno le attenuanti generiche di un’amicizia  che dura dall’adolescenza, quando scalavamo insieme il Maioletto in cerca del tesoro nascosto sotto le rovine  del castello distrutto dal Diavolo; e sulla via del ritorno al grido emulo di quello del signorotto malatestiano: “Satana ti sfido!”, arrivò all’improvviso un temporale che ci fece battere tutti i record di ritirata strategica in mezzo alle pecore al pascolo. O ancora quando – forzata la botola di ferro che stava dietro la fontanina a ridosso del bar  di fronte a Castel Sismondo (ma un tempo interna alle mura) tentammo l’esplorazione dei famosi sotterranei di fuga dei castellani  verso la collina di Covignano, muniti di torce e rotoli di spago per non perderci nelle diramazioni.
Anche  quella occasione si concluse con una fuga precipitosa!
Tutta la nostra vita è stata in qualche modo una fuga. Io prima verso,  poi da, un improbabile marxismo; lui da e verso un mercato antiquario internazionale sempre più borderline fra  spregiudicata competenza  e rischio di galera, in odio al fariseismo dei critici e dei mercanti d’arte, il suo famigerato anarchismo.
Il giusto Giudice sorriderà sotto i baffi (ammesso che abbia i baffi) scorrendo le sentenze dei suoi umani concorrenti. Senza
neppure buttare un occhio al pur bel libro di Pulini (che mi rammarico di non aver pubblicato io ) lo manderà assolto con formula piena.