Dallo “sterminato silenzio”, anzi dal “silenzio assordante” (Papa Francesco) di questi giorni di pandemia, Pupi Avati lancia una sassata in piena fronte alla Dirigenza RAI proponendo lo sconvolgimento dei suoi palinsesti per “dare al paese l’opportunità di crescere culturalmente” e porre fine allo “sterile cicaleccio dei salotti frequentati da vip o dai soliti opinionisti”.
A ridosso di questa provocazione, 150 esponenti del mondo del cinema italiano rincarano la dose invocando una «moratoria alle logiche dell’audience e delle inserzioni pubblicitarie» per riaffermare le qualità più autentiche del servizio pubblico e della sua “vocazione civica, educativa e umanistica»». E aggiungono:
“L’apprensione, il disorientamento, l’ansia dei cittadini in permanenza obbligata nelle abitazioni, non possono che trovare un antidoto tanto nella lettura quanto, più specificamente, nella visione di programmi televisivi di qualità» .
C’è da farsi venire il batticuore. La parola “Antidoto”- la stessa che abbiamo affidato a questa rubrica – rimanda al virus letale che dovrebbe contrastare: l’apparentemente innocua “Pubblicità” . A differenza del Covit 19 , questo virus lo conosciamo bene , anzi, lo abbiamo recentemente visto coi nostri occhi e ascoltato con le nostre orecchie nel volto e nelle parole di quel geniale ” mostro” che è Urbano Cairo (vedere qui https://youtu.be/1O2aZb5tEC8) …
Pupi lo dice con eleganza perché è inutile fare del moralismo, il suo è solo un “Appello” dettato dalla sofferenza attuale. A dispetto delle dichiarazioni del Presidente Marcello Foa, sa bene che ben difficilmente riuscirà a modificare le feroci leggi dell’ Auditel che impongono al palinsesto TV di chinarsi all’insipienza di massa, di livellarsi verso il basso, di assumere come norma il cattivo gusto.
Così come la classe politica è lo specchio di chi la elegge , ugualmente la televisione rispecchia fedelmente chi la guarda. Gli insipienti, purtroppo, siamo noi.
Ma il primo, straordinario “miracolo” di questa forse “benedetta” pandemia è forse proprio quello di indurci almeno a pensare a come la cosiddetta civiltà dei consumi si regga su quei diabolici messaggi visivi, ridicoli e infantili, capaci di parlare al nostro inconscio, obbligandoci a eseguire puntualmente l’imperativo di acquisto per cui sono stati pensati e realizzati. Persino Renzo Arbore, autore di una TV divertente come uno spot pubblicitario (penso al Caffé Meravigliao!) scende in campo e invita a riscoprire, “contro la TV degli sciocchi, l’intrattenimento educativo“. Ma subito argutamente aggiunge: “fa paura l’aggettivo?”.
Si, l’aggettivo fa paura: una televisione educativa , anzi educatrice, farebbe ” rizzare i capelli sul capo dei pubblicitari”, nota Pupi Avati! Implicherebbe una riconversione globale dell’economia, dove il commercio non avrebbe più la pubblicità come propria anima depravata, ma la pubblica utilità!
” Il bene comune è l’anima del commercio”, che utopia straordinaria! Da “artigiani della qualità” a “educatori alla bellezza”, dai divani in cui sprofondarsi ingurgitando idiozie, alla fatica entusiasmante di una grande scuola di massa !
Del resto, i più vecchi di noi ricordano bene come nei difficili anni del dopoguerra la pubblicità fosse rinchiusa nell’intelligente siparietto di “Carosello”; e come avesse dichiaratamente un risvolto “educativo” riservato ai piccoli! “Dopo Carosello tutti a nanna “, intimava perentoriamente Topo Gigio.
Oggi la violenza reiterata e alienante del messaggio pubblicitario – che Fellini odiava con tutte le sue forze[1] per le sue continue interruzioni ai film – raggiunge livelli di guardia allarmanti. Siamo agli spot per mestruate orgogliose dei propri pannolini, ai pannoloni maschili belli e virili come corazze romane… I pubblicitari non hanno limiti di buon gusto, se fanno quegli spot significa che c’è mercato, ragiona Cairo sfregandosi le mani!
Ma che differenza rispetto ai grandi maestri della comunicazione come Claude Hopkins[2]! In passato, i teorici dello “Scientific advertising” , erano a modo loro dei grandi educatori! E per una televisione educativa occorre raccogliere lo sfida di non renderla respingente e noiosa come in passato siamo riusciti a far diventare la nostra Scuola dell’obbligo.
Imparare può, deve, essere bello! Divertirsi imparando è meglio che rincoglionirsi annoiandosi! E oggi la scuola da remoto – altro miracolo del Coronavirus – è una occasione straordinaria di re-inventarla!
Richiamiamo dunque alle armi i grandi riminesi che hanno avuto la ventura di trovarsi ai vertici RAI dal dopoguerra, da Zavoli a Zaccaria fino al grande verrucchiese Pier Luigi Celli, proprio loro che conoscono bene il Moloch televisivo (e anzi lo hanno alimentato), e chiudiamoli in laboratorio dotati di mascherine con un gruppo di giovani insegnanti creativi (ne abbiamo tanti!) per studiare un antidoto al virus pubblicitario messo in circolo! Questa la sfida “terapeutica” : ridisegnare i palinsesti di una televisione capace di salvare i nostri bambini alla diabolica stupidità di un Uovo Kinder come Sommo Desiderio.
[1] cfr Paolo Fabbri, Lo schermo manifesto – La misteriosa pubblicità di Federico Fellini, Guaraldi 1999.
[2] cfr Claude Hopkins, Scientific Advertising, La scienza della comunicazione, Il testo base della pubblicità moderna, presentazione di Romano Billet, prefazione di Raimondo Boggia, a cura di Domenico Colella, Guaraldi 1999