Un gemellaggio quasi perfetto fra mondo della fiaba e mondo della nostalgia. Due geni massimi della fantasia e della creatività allo stato puro

Federico Fellini è nato il 20 gennaio, Gianni Rodari il 23 ottobre del 1920. Per entrambi, i festeggiamenti sono marcati dal numero “100”: a un secolo tondo dalla nascita, una comparazione fra questi due straordinari compleanni – “100 Gianni Rodari” e “Fellini 100” – si impone per molti motivi.

Il Fellini visionario del «nulla si sa, tutto si immagina», «unico vero realista» del «non voglio dimostrare niente, voglio mostrare»; e Gianni Rodari «il prestigiatore che trasformò la fantasia in scienza esatta», «uomo dei sogni» e «maestro senza cattedra», sono nati nello stesso anno di Isaac Asimov, Tonino Guerra, Alberto Sordi, Enzo Biagi.

E ancora: di Toshiro Mifune, il samurai di Kurosawa, di Amalia Rodrigues, la straordinaria cantante di fado, di Charles Bukowski e persino di papa Wojtyla. Quando si dice un’annata favorevole alla fantasia e alla genialità.

Gianni Rodari, «il maestro di narrativa» che profetò: «Nel Paese della bugia, la verità è una malattia», e Federico Fellini, il grande regista che aveva profetato per sé: «Ho sempre sognato, da grande, di fare l’aggettivo», «il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio» e «sono autobiografico anche quando parlo di una sogliola», sembrano entrambi personaggi fantascientifici usciti dalla fantasia di Asimov.

Basterebbero queste trite citazioni, questi abusati aforismi per far comprendere le ragioni di un gemellaggio quasi perfetto fra la celluloide di Fellini e la carta di Rodari, fra mondo della fiaba e della filastrocca vissute fra i banchi di scuola e mondo della nostalgia dell’infanzia e dell’innocenza perduta, di Gelsomina e di Cabiria, dell’asa-ni-si-masa, delle focheracce e dei mastelli di acqua fumante.

L’Italia, patria di entrambi, li ha gratificati ampiamente dedicando ai due maestri – o a loro personaggi – un gran numero di strade, piazze, istituti comprensivi e plessi, pizzerie e ristoranti, cineteche, scuole elementari e medie, materne comprese, a Rimini addirittura un museo animato grande quanto l’intero centro storico, oltre a Sigismondiland, dove la clownesca fantasia di Federico andrà tranquillamente a braccetto con la mercenaria ferocia dei Malatesta. Dediche a stufo, fino alla nausea. Perché è come se si trattasse di marchi di fabbrica, due brand più strumentalizzati che realmente praticati; più antologizzati che metabolizzati, ridotti a frasi celebri, appunto. I due geni massimi della fantasia e della creatività allo stato puro nei tempi bui della ricostruzione post bellica e degli anni di piombo, questa sorte comune sembrano aver avuto: ridotti entrambi ad aggettivi, «felliniano» e «rodariano».

In realtà i due hanno avuto interazioni e impatti diversissimi nella e sulla cultura del nostro Paese, ben visibili scorrendo anche solo superficialmente le cronache delle due carriere artistiche. Mi azzardo a tentare di evidenziarne alcune, di queste differenze sostanziali, senza la pretesa di alcuna stampella scientifica, solo basandomi sulla mia memoria personale attivata dalla recente pubblicazione su Facebook di una foto che mi ritrae con Gianni Rodari alla Fiera del libro per ragazzi nel 1975, cinque anni prima della sua morte a soli sessant’anni. Erano anni, quelli, in cui credevamo fermamente che il “cambiamento” fosse alle porte, chiamatelo come volete, epoca di riforme o di rivoluzione culturale, poco importa, schierati col Pci o “extraparlamentari ” che fossimo, la fiducia che tutto stesse per cambiare era sciolta nell’aria e sfrigolava come quando si mescolavano le bustine dell’Idrolitina nell’acqua.

Il cambiamento dalla scuola

Ma il bello era che il cambiamento quasi messianico dell’uomo nuovo era atteso proprio a partire dall’educazione, in quel Tempio della trasmissione dei grandi valori che era la scuola. Lì, nel fermento, nelle tensioni della passione politica, si combatteva la vera grande battaglia culturale. Per questo Rodari era fondamentale, a dispetto del suo apparente buonismo filastroccaro che io per primo guardavo con un certo sussiego.

Personalmente avevo molto aiutato a nascere la Fiera del libro per ragazzi di Bologna come luogo di interscambio internazionale di tutto ciò che in editoria si muoveva a livello della scuola, a partire dalla nostra collana Guaraldi che non a caso si chiamava “Frontiere dell’educazione” e aveva come marchio stilizzato un utero contenente la grande E di educazione. E dove avevamo pubblicato un Umberto Eco guerrigliero contro i libri di testo delle elementari, i famosi Pampini bugiardi.

Gli esordi come giornalista

Pochi ricordano che il piemontese Rodari trapiantato a Roma esordisce come giornalista per L’Unità, Paese Sera e Il Pioniere; e che la sua notorietà di massa scatta solo quando nel 1970 quando riceve il Premio Andersen e conduce il programma televisivo Il paese di Giocagiò.

Se non rischiasse di sembrare riduttivo, così a posteriori, direi che Rodari fu in qualche modo “adottato” dal potentissimo Partito Comunista di quegli anni come autore “di regime” in senso nobile: tanto più affidabile – rispetto a noi cavallini un po’ pazzi – quanto più operava sul terreno politicamente fertile ma culturalmente inattaccabile della scuola dell’obbligo: modello di valori «democratici e progressisti» come si usava ripetere fino alla nausea.

Non a caso Le avventure di Cipollino del 1955, tradotto in 23 lingue, ha un successo clamoroso in Unione Sovietica che gli dedicherà anche un film di animazione e alla fine persino un francobollo. Notate che il ribelle Cipollino è coevo de La strada e de Il bidone, i film più socialmente impegnati di Fellini. Poi arriva Gelsomino nel paese dei bugiardi (1959) pubblicato da Editori Riuniti, la tetragona casa editrice del Pci, mentre sul fronte felliniano già si profilava invece lo scandalo de La dolce vita che vide Aristarco e gran parte della critica militante di sinistra scagliarsi contro il decadentismo piccolo borghese di Fellini.

Le geniali Filastrocche in cielo e in terra, del 1960, con le illustrazioni di Bruno Munari e il passaggio all’Editore Einaudi, daranno poi il via alle fortune editoriali di Rodari che vola: dalle celeberrime Favole al telefono (1962) fino alla fondamentale Grammatica della fantasia del 1973, guarda caso anno di uscita di Amarcord, grammatica della fantasia  felliniana per eccellenza. E non è un caso se proprio in quegli anni il Coordinamento dei Genitori Democratici organizza una mostra dedicata a Rodari ancora oggi prenotabile da chiunque, a fondamento della “filosofia” rodariana, assieme a un vasto archivio di risorse (compagnie teatrali, musicisti, guide turistico-culturali) oltre a tutti gli eventi in corso o in via di organizzazione. Una corazzata organizzativa che sopravvive al vecchio e scomparso Pci.

La giostra di Cesenatico

Le dozzine di manifestazioni che stanno snodandosi oggi lungo la geografia rodariana che attraversa tutto lo Stivale e non solo, attraverso le sue filastrocche e i suoi racconti, sono abilmente “raccontate” dai promotori dei festeggiamenti anche con una piantina interattiva delle localizzazioni dei suoi personaggi. Nessuno ahimè ambientato a Rimini, ma a Cesenatico sì. «Appena l’ometto cominciò a far girare la giostra, che meraviglia: il vecchio signore si trovò in un attimo all’altezza del grattacielo di Cesenatico, e il suo cavalluccio galoppava nell’aria, puntando dritto il muso verso le nuvole» (“La giostra di Cesenatico” in Favole al telefono).

A Vienna come a Gallicano, a Masullas di Oristano come in Garfagnana, a Spinea o a Pontedera e persino a Rimini si sviluppano mostre e iniziative di omaggio a Rodari anche online alla faccia del Covid.

Di tutte quella più vicina al vero Rodari, mi pare quella del maestro napoletano che ha fatto declamare dai sui bambini la filastrocca Teledramma sui tetti e nei vicoli dei Quartieri Spagnoli:

«Signori e buona gente,
venite ad ascoltare:
un caso sorprendente
andremo a raccontare.
È successo a Milano
e tratta di un dottore
che è caduto nel video
del suo televisore.

Cade il dottor per terra,
e un bernoccolo si fa:
meglio cento bernoccoli
che perdere la libertà.»

Da Rimini a Omegna

Costretto per ragioni di spazio ad abbandonare il tema delle celebrazioni che sempre, inesorabilmente, hanno in sé qualcosa di funereo, non posso che concludere questo piccolo viaggio sul doppio binario di Rodari/Fellini con una nota sulla doppia benedizione istituzionale ai due Centenari.

La prima benedizione è per Rimini, dove il povero Fellini dimenticato e spernacchiato da (quasi) tutti per molti anni ha la fortuna di incontrare il giovane e abilissimo sindaco Gnassi che ne fa l’icona internazionale della riminesità: e da questa benedizione squisitamente istituzionale piovono milioni di euro dapprima sulla bomboniera del Fulgor poi su quello che diventerà il Museo Fellini di Castel Sismondo, la sua prigione.

La seconda è invece, puramente ecumenica alle varie manifestazioni rodariane promosse dagli Istituti Italiani di Cultura all’estero. Quelle domestiche, di tipo municipale, sono tutte privatamente e sorprendentemente promosse da una poco nota Casa editrice EL radicata a San Dorligo della Valle, vicino a Trieste, in Carsia (esatto opposto di Omegna, paese originario di Rodari!). La notizia è davvero “carsica” e intrigante, almeno per me; e merita due righe. Questa piccola casa editrice, nel 1991 era entrata nell’orbita della torinese Einaudi, ancora potente quando però già l’Impero Sovietico iniziava a dissolversi e lei stessa stava per essere fagocitata dal Gruppo Mondadori che a sua volta sarebbe imploso di lì a non molto per la fusione con Rizzoli. Alla fine di questo collasso editoriale epocale, di questo rodariano pesce che mangia pesce, nel 2008, zitta zitta, EL rileva il marchio Einaudi Ragazzi e la storica Emme Edizioni oltre ai diritti di tutti i restanti titoli di Gianni Rodari. E fa bingo.

Nemesi storica: da Mondadori è appena uscito il Meridiano dedicato alle sue opere, mentre Einaudi ha pubblicato Codice Rodari di Alessandro Sanna.

La mia sensazione è che nel bailamme dei festeggiamenti, fra trombette e gazose, i due festeggiati Fellini e Rodari non si trovino più, si siano nascosti altrove…

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