Mese: Maggio 2020 (Pagina 1 di 2)

Fellini, Ceronetti e la Memoria

“Amarcord” significa come tutti sanno ormai,   mi ricordo, ” mi rimetto  in  cuore”. E’ una delle etimologie più semplici, deriva dal latino cuore = cor, cordis, ricordate il  sursum corda – in alto i cuori!- che ci faceva ridere, da bambini, a catechismo, facendoci pensare ad una corda cui aggrapparci?  Beh, ci eravamo vicini…. Stesso etimo di concordare, discordare, incoraggiare, scoraggiare.

Nel 2016, due anni prima di morire,  Guido Ceronetti  scrive un libricino, esile e terribile, initolato Per non dimenticare la memoria. Racconta le angosce senili del perdere memoria e di come contrastare questo dramma, un piccolo capolavoro. “Vorrei la memoria tenerla avvinghiata come un’amante determinata a lasciarmi. E non puoi, sorprendendola ogni momento in tradimenti flagranti, come qualunque imbecille, ammazzarla. Puoi tuttalpiù impazzire…” . Suo amico e grande estimatore,  feci invitare Ceronetti   a Rimini per ben due volte, nel 1996 e nel 1997: incredibile che  il Meeting accettasse di invitarlo e che lui accettasse di venire!

Mi rimetto sulle tracce di Ceronetti alla ricerca della mia memoria perduta, ormai totalmente dipendente – come lui aveva  previsto e temuto – dalla strumentazione digitale;  e mi imbatto in un suo profetico  testo, pubblicato sulla Stampa nel 1992 (che ripresi e pubblicai come postfazione al libro Enigma cancro nel ’94 ), che parla di pandemie: “ Orrori evidenti, le città sprangate, lo spettacolo offerto alle menti pensanti dai fatti epidemici, fornivano materia al pensiero non puramente astratto (…)  forse il pensiero sentiva la pandemia come molto simile alla guerra… La pandemia però non è la guerra: ( …)  in una epidemia la nostra passività è totale… Tutte le epidemie si presentano velate: chi strappa il velo e dice, senza inorridire, la faccia che ha visto non è creduto …” La cosa inquietante è che ovviamente Ceronetti parla non del Coronavirus che sarebbe apperso 28 anni dopo,  ma di cancro !  Esattamente come Papa Francesco parla di pandemia della guerra . E’ Ceronetti che profetizza  tutte le possibili forme di pandemia:  ” non ci sono limiti al suo strazio, piú forte di un milione di Ecube e di Racheli, ma mi è impossibile rendermi credibile dal momento che parlo dalla riva di un sistema di pensiero assassinato…“.

Avevo conosciuto Ceronetti a Roma, il 20 gennaio 1995, nel gelido androne del Palazzo dei buchi, l’EUR (“il funerario fascista all’apice della sua smorfia” ) per la grande Mostra dedicata a Fellini scomparso solo 15 mesi prima: “Tanta fretta di celebrarlo musealmente, con un enorme e glaciale circo itinerante, rende perplessi” – scrive – “Il visitatore è fatto sfilare davanti a quel che si vuole il surrogato di qualsiasi realtà, il video, fastidiosamente presente in decine di apparecchi dove si sgrana contemporaneamente una selezione muta che si ripete …All’uscita ce n’è addirittura un Niagara: su un piano inclinato, immenso, venti e più teleschermi  rovesciano film di Fellini degradati a fuoco d’artificio tecnologico, un sovraccarico di visione che è il triste rinnegamento di quel che è il vedere..L’equivalente di queste video-semplificazioni è la colonna sonora filodiffusa, che non cessa mai un minuto, fatta di tre o quattro spezzoni incollati delle musiche più note di Nino Rota (…) tendono a esiti di ebetudine (…) Sicuramente non sono mancati agli organizzatori né l’affetto né un vivo entusiasmo: ma le idee originali sì, l’immaginazione del tutto;  Il buon gusto, nessun finanziamento può surrogarlo.“.

Dal “pensiero assassinato… della medicina oggi in trono, massima potenza mondiale”  che parlando  di Kink Peste impedisce di alzare il velo sulla vera pandemia, fino alla impietosa descrizione mortuaria delle celebrazioni felliniane fin  dal loro esordio romano, la memoria invocata da Ceronetti  mi colpisce davvero al cuore mentre rivedo in televisione, per l’ennesima volta, con l’amaro in bocca, l’amarissima , metacinematografica ” Dolce vita” . E non solo per l’affettuoso  rimando di Ceronetti al libro di Peter Bondanella  “che introduce all’universo felliniano in modo perfetto (il suo editore, Guaraldi, me lo ha fatto cadere gentilmente nel cappello mentre suonavo al Palazzo dei Congressi, per nessuno in verità, l’organo di Barberia)”; ma per  la verità mai creduta che sta sotto questo modo di fare memoria del pensiero assassinato:  “ Queste mie osservazioni intendono essere un contributo affettuoso al miglioramento della Mostra nei suoi successivi allestimenti... qualcosa che si manifesta nel tempo senza terminare nel tempo, un tracciato sulla sabbia che riduce a zero la voluminosità dei successi, polverizza qualsiasi ridicolo Oscar. E la stazione di partenza di questo gran movimento? Una provincia piuttosto materiale e povera di sogni, uno o due giornali umoristici, qualche vignettina, le storie di Petronilla….

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Il Salone Extra, speranza delusa

Non so quanti di voi hanno avuto la possibilità di seguire nei giorni scorsi (14-17 maggio) la straordinaria cavalcata virtuale di 60 incontri con oltre 140 ospiti collegati in streaming con cui il Salone del Libro di Torino ha saputo trasformarsi di fronte alla emergenza Covid-19 che ha impedito al Lingotto di aprire i tradizionali battenti al suo pubblico di fedelissimi. Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno! verrebbe da dire a proposito dei benefici effetti  che il digiuno di assembramenti sembra aver  offerto su un piatto d’argento al Salone – che profeticamente si era dato il titolo di “Altri Mondi”. In soli venti giorni Il bravo Direttore artistico Nicola Lagioia è riuscito a costruire un Salone EXTRA,  convincendo  e trascinando nell’avventura  l’enorme accrocco  di Istituzioni e sponsor che reggono  il baraccone fieristico torinese dai tempi della rovinosa “guerra ” con l’AIE per il tentato ratto del Salone a Milano. Idea fantastica! L’avessero avuta gli editori di Milano, invece di bruciare milioni di euro per fare una ridicola e fallimentare concorrenza analogica a Torino”!  Un “uovo di Colombo” come la versione in streaming del Salone   non può che  rendermi  felice:  per 4 giorni ci è bastato un clic  per vedere  Alessandro Barbero agitare le sue manine all’interno della Mole Antonelliana  e  raccontarci come le pandemie hanno sempre cambiato la Storia! O la intelligente astronauta Samantha Cristorforetti, intervistata da una Valeria Parrella supersexy, raccontarci  come dalla spazio  cambi la percezione del mondo e le nuvole e i mari  e le città, le albe e i tramonti  si succedano ogni 90 minuti!… E a seguire il bravissimo  autore indiano de L’isola dei fucili  pubblicato dallo storico piccolo editore Neri Pozza, Amitav Ghosh, una specie di padre spirituale della piccola  Greta  Thunberg e capofila di una frotta di autori ed editori filo-Friday for Future che affollano il palinsesto di questa edizione virtuale del Salone! E via per quattro giorni – con lo smartphone sempre acceso sulle “dirette” – un incontro dietro l’altro, fra deja-vue e scoperte, delusioni e sorprese, tutto il gotha della intellighenzia consacrata o emergente, dagli insopportabili Gramellini e Saviano (che trombonescamente ha intonato il cantico di chiusura del Salone sotto una inquietante Torre di Babele ) fino alle vette sublimi degli interventi di Richard Scarry col suo Zigo Zago o dello straordinario Enzo Bianchi che ha pubblicamente sbeffeggiato Radio Maria…

Personalmente non tornavo a Torino da quando, ospite della Regione Emilia Romagna, con focone e pacchi di piadina precotta, vendevo piade farcite coi miei  libri (che ne fissavano il prezzo) e bottiglie di Sangiovese con le copertine incollate sulle bottiglie… e il libro in omaggio! Il  lontano 2012 fu l’ultima edizione di cui scrissi, disgustato (perdonerete la lunga auto-citazione): “Fuggo da questi saloni tarlati dalla crisi come un passero verso i monti, pigolo come una rondine , gemo come un gufo fra le rovine confidando nella Salvezza dell’intelligenza e della Creatività: niente a che vedere  con i pretesi “divini” algoritmi  di Amazon , di Google o di FaceBook che regolano il marketing moderno, scavando nei cunicoli dei dati raccolti a spese della stupidità collettiva , questa sì a rischio di deflagrazione per accumulo di grisou. La Creatività in cui confido è quella che parte dalla fiducia nel futuro, dallo stimolo di una sfida epocale.  Fuggo da questo Salone  dove si percepiscono già  gli scricchiolii di un’epoca che sta per essere travolta da un  terremoto epocale , come quello di Efeso nel dipinto della Scuola riminese del Trecento…”. A proposito di profezie!

Da allora sono passati 10 anni! Ma Il Salone EXTRA nato grazie a Covid-19, che pure mi ha entusiasmato, pare quasi più un prototipo di come potrebbe essere la buona TV culturale invocata recentemente da Pupi Avati , con un Nicola Lagioia successore fisiologico dello stanco Fabio Fazio, mi viene da dire; sembra ancora il parto di  un elefante più che la nascita di una colomba: bellissima la grafica, eccellente il ritmo e la formula dialogante, ma i contenuti e le forme dei  “Libri della ripartenza” – così  è stato chiamato il “catalogo” promo di testi che  precedeva e seguiva le dirette in streaming – non mi sono sembrati francamente capaci di prefigurare “Altri mondi”; e non ho visto traccia di ragionamento su come saranno “pensati”, “prodotti” e “distribuiti” i libri nella Società post-Covid-19! Al predecessore di Lagioia , Ernesto Ferrero, nel fatidico anno 2000, avevo proposto di mettere al centro del Salone una grande macchina da stampa digitale capace di stampare “On Demand”, in copia unica, i libri di tutti gli editori partecipanti – sia in presenza che  da remoto: una provocazione per ragionare del “vero” futuro del libro, come avevamo fatto in una storica Missione al Consiglio d’Europa – con Giuseppe Vitiello e Guido Conti – nel “lontanissimo” 1998, stampando in diretta, a Strasburgo, un libro il cui file veniva spedito da Rimini!  Fui meno bravo di Lagioia: non riuscii a convincere né Ferrero né le pigre Istituzioni di quegli anni!

“Cerco una conclusione, un bandolo – scrivevo dopo quella delusione che, in parte, è la stessa di oggi – senza trovarlo: non per eccesso di complessità, ma al contrario, per eccesso di ovvietà. Gli editori che gremiscono il Salone sono come bisonti al galoppo verso il baratro che non vedono: pesanti come i loro scatoloni di libri, la merce più pesante che esista. Pesanti nei contenuti, nella grafica, nel modo di proporsi al pubblico, merce da bazar, contenuti affastellati: libri da frittata, appunto… L’immagine finale di Blade Runner  mi sembra la più appropriata per concludere:  il libro-colomba lanciato nella pioggia della crisi dal morente editore (Roy Batty) che si credeva immortale, è la sola ragione di speranza”. Una speranza per il futuro del libro, come per la bella replicante Rachael, salvata da Deckard e con lui in viaggio verso la Galassia, che pure non si sa, se vivrà… Buon lavoro per il futuro del Salone, Nicola!

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Cattivi maestri

La mia generazione ha avuto due “cattivi maestri”, Marx e Freud. Atei professi e ribelli, entrambi. Oggi fuori moda. Certo, dico cattivi maestri col senno di poi, perché all’ epoca li consideravamo esattamente l’opposto, maestri d’eccellenza, anzi  dei “liberatori” dai veri “oppressori” di tutte le  libertà dell’uomo , da quella economica a quella sessuale.

Il clima oppressivo di cui parlo si sviluppava  nella Scuola di quegli anni e si radicava   nelle Istituzioni politiche e nell’intera società civile. Noi  lo riconducevamo   al nefasto influsso del  terzo, o se preferite, del primo Maestro , da combattere: quel Gesù di Nazareth detto il Cristo, dal quale si iniziano a contare gli anni della Storia. Buffo, non vi sembra? Tre Maestri ebrei, Karl, Sigmund e Joshua.

“Se penso a tutto ciò che di cupo, di tetro, di irreale ha rappresentato la scuola  per me come per tutti quelli della mia generazione, immagino, di irreale nel significato di negazione della vita, di una mediazione totalmente astratta e mortificante degli aspetti più veri, più concreti dell’esistenza …” : non poteva de-scrivermi  meglio Federico Fellini, nel 1973, in occasione del processo penale che mi inflissero per la pubblicazione del Libretto Rosso degli studenti,  le ragioni che spinsero una generazione (la sua, appunto, la nostra) a cercare gli strumenti culturali e politici coi quali liberarci dalla tetra cupezza della morale dominante e  dallo sfruttamento delle classi egemoni di quegli anni.

Marxismo e Psicoanalisi rappresentarono davvero due gigantesche rivoluzioni concettuale nell’approccio ai problemi economici e a quelli psicologici dell’umanità. Sarebbe “bastato” distruggere il capitalismo (facendo trionfare la classe operaia);  e liberare la psiche umana dall’oppressione sessuale e da tutte le sue angosce (attraverso lo studio dei meccanismi dell’inconscio) per creare una sorta di “uomo nuovo” , capace finalmente di confrontarsi con il grande tema della Creatività che lo rendeva simile a Dio! Questo doppio fronte della battaglia culturale generò addirittura un movimento, denominato “Sexpol”!

Anche il giovane Umberto Eco di quegli anni si dilettava di queste quisquilie : con gli strumenti della nascente semiologia duellava con la psicoanalisi la quale tacciava di “inganno” ogni tipo di “comunicazione” nella misura in cui (qualcuno ricorda questo tipo di interlocuzione?) “un contenuto dice sempre una cosa diversa da quella che vuol dire! ” .

La Critica tra Marx e Freud, il Convegno di Royamont, che deliziosi duetti quelli fra semiologi e psicoanalisti,  sociologi ed economisti, etno-antropologi e storici dell’arte!  

“Innumerevoli sono i fraintendimenti possibili – incalza Gino Zucchini, psicoanalista bolognese scomparso in questi giorni , dalle pagine del suo saggio sulle etimologie- E’ quasi un miracolo che due o più interlocutori arrivino ad intendersi. Nonostante ciò, misteriosamente, gli umani continuano a parlarsi”.

Tornano alla luce, queste meravigliose rovine archeologiche del pensiero, mentre faccio l’ennesimo trasloco interno della mia biblioteca:  scoperte da batticuore come quello che deve aver provato Heinrich Schlieman quando trovò le prime tracce di Troia e del Tesoro di Priamo.

Dunque il Pensiero è davvero esistito! Marx, Freud, Jung, Adorno, Popper, Winnicot ma ben  ancor prima di loro Platone, Aristotele e tutta la Scuola di Atene dipinta da Raffaello, Filone d’Alessandria  e Tommaso Moro sono davvero esistiti?  Che fine ha fatto il pensiero di centinaia e centinaia di pensatori, di buoni e cattivi maestri, una schiera innumerevole,  che ha generato guerre e conflitti che a loro volta hanno generato Miti e Leggende che hanno riempito milioni di pagine di libri, a loro volta scomparsi e seppelliti sotto la coltre di sabbia della Storia come le Sfingi in Egitto?

Marx e Freud emergono sinistramente dalla sabbia di centinaia di libri ben allineati sugli scaffali, con tutti i loro “errori” smascherati dalla Storia. Ma mi viene da pensare che, forse, sono stato fortunato ad aver avuto questi “cattivi maestri”. Di sicuro anno riempito la mia vita di curiosità e di voglia di cambiamento, facendomi commettere una quantità meravigliosa di errori. Oggi mi  guardo attorno e  non vedo altro che una desolata  assenza di pensiero.

Non fraintendetemi: non faccio lo spocchioso intellettualoide da strapazzo,  meritevole degli stessi rimbrotti che Matteo Salvini riservava a Michela Murgia. Ma non posso fare a meno di  domandarmi come sia stato possibile rendere così desolante – come pare a me quello attuale –  la spazio della Politica, dell’Informazione  e persino dell’intrattenimento. 

Guardo con sgomento la mia biblioteca zeppa di  cattivi maestri forse giustamente dimenticati – da Marcuse a Sartre – e sento compassione per questo Popolo attuale che non ha più consapevolezza di esserlo e che sembra non aver più bisogno né di Pensiero né di Maestri! Estraggo dalla sabbia di uno scaffale uno strano libretto scritto in dialetto polesano da  Leandro Cutti uno psicoanalista sconosciuto ai più e lo apro a caso: “Fra i do, Gesù Cristo e Freud, mi a me fido pi de l’abreo pi vecio…” . Fra i due, Gesù Cristo e Freud, mi fido di più dell’ebreo più vecchio!

Quando si dice la libertà di pensiero e la capacità critica! Questo di sicuro era un buon Maestro.

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