Mese: Gennaio 2015 (Pagina 1 di 2)

Giornata della Memoria 2015

L’omaggio ai lettori: un racconto inedito di I. B. Singer

Isaac B. Singer (1904-1991) è lo scrittore dei perduti. Anzi, della perdizione, dello smarrimento. Anzi, dell’esilio che non concede ritorno e non ammette terre promesse, non promette nulla. Non a caso quando, manco fosse un santo, Singer si è scritto l’autobiografia in tre tomi l’ha intitolata Love and Exile, che però in italiano, mimando l’ultimo libro, Lost in America, diventa Ricerca e perdizione.
L’uomo, secondo Singer, cerca l’amore e non lo trova, cerca una patria e non la trova, cerca Dio e Dio non c’è. “Anche se sono indebitato fin sopra i capelli, all’Onnipotente non devo nulla: finché continua a mandarci questi Hitler e questi Stalin è il loro Dio, non il mio”, dice l’ebreo Max Aberdam, scampato al regno dell’Olocausto, in Anime perdute. Ancora una volta, sempre, storie di perduti.
Singer è il più grande narratore ebraico del secolo scorso (perciò, di sempre), ostinatamente legato alla lingua yiddish, cioè una lingua perduta e anacronistica, che fece rintoccare pure davanti ai parrucconi dell’Accademia Svedese, quando, nel 1978, andò a ritirare il Premio Nobel per la Letteratura, discettando in quella “lingua di esilio, senza una terra, senza frontiere, non sostenuta da nessun governo”. Pur latrando che “la nostra generazione ha perduto la fede non solo nella Provvidenza, ma anche in se stessa”, Singer, che aveva una idea tutta sua dell’Olocausto (non era una ‘questione ebraica’ ma un orrore che metteva in questione l’intero essere umano; e non solo, visto che nei riguardi di “tutti gli altri esseri viventi” gli uomini “sono tutti nazisti; per gli animali Treblinka dura in eterno”), non poteva “accettare l’idea che l’Universo sia un accidente fisico o chimico, un risultato della cieca evoluzione”.
Narratore immenso, eccellente romanziere (Satana a Goray, Il mago di Lublino), ancor più eccelso scrittore di racconti (raccolte di culto come Gimpel l’idiota, Un amico di Kafka, L’ultimo demone), questo agiografo dei perduti e dei perdenti non stava simpatico a nessuno, soprattutto agli ebrei. Perché era animato da una feroce compassione che non distingueva tra fedi religiose e partiti politici. Singer amava mettere in crisi le certezze altrui, imbarazzare e svergognare chi ha la risposta ideologica a tutto. Come in Inventions, racconto scritto nel 1965 in yiddish, tradotto due anni dopo, ma rimasto sostanzialmente inedito: scoperto da David Stromberg lo scorso anno, tra le carte dell’Harry Ransom Center di Austin, Texas, è stato pubblicato in pompa magna dal New Yorker. In questa specie di Canto di Natale per trinariciuti, Singer immagina un leale lancillotto del partito comunista smarrito e messo in crisi dall’apparizione notturna dello spettro di un amico. Dar fede all’irrazionale, ovviamente, significa “abbandonare tutto: comunismo, ateismo, materialismo, partito. Cosa avrebbe fatto, allora?”. Eppure, bisogna perdere tutto, per ritrovarsi. In fondo Singer non narra altro che lo smarrimento di Dio, un padre che non riconosce più la sua creatura.

Davide Brullo

Il Comunismo sconfitto da un fantasma

Da quando mi sono trasferito in campagna, alle dieci di sera ho sempre sonno. Mi corico insieme ai miei parrocchetti e alle galline nel pollaio. A letto, inizio a sfogliare “Fantasmi viventi”, ma devo subito spegnere la luce. Un sonno senza sogni – o un sonno con sogni di cui non ho memoria –  si impadronisce di me fino alle due del mattino. Alle due, mi sveglio completamente riposato, la testa brulicante di progetti e idee. Una notte d’inverno, mi è venuto in mente di scrivere di un comunista, anzi, di un teorico comunista, che partecipa a una conferenza organizzata dalla sinistra sulla pace nel mondo e vede un fantasma. Ho immaginato tutto chiaramente: la sala riunioni, i ritratti di Marx e di Engels, il tavolo coperto da un panno verde, il comunista, Morris Krakower, un uomo basso e tarchiato con capelli a spazzola e un paio di occhi d’acciaio dietro lenti spesse attaccate al naso. La conferenza si svolge a Varsavia, negli anni Trenta, l’era del terrore stalinista e dei processi di Mosca. Morris Krakower nasconde la sua difesa di Stalin dietro il gergo della teoria marxista, ma tutti capiscono dove vuole andare a parare. Nel suo discorso, egli proclama che solo la dittatura del proletariato può assicurare la pace, e, quindi, nessuna deviazione, né a destra né a sinistra, può essere tollerata. La pace mondiale è nelle mani del N.K.V.D., la polizia segreta sovietica…

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Fellini martoriato: il superprof si arrabbia

Paolo Fabbri si scaglia contro il numero monografico di “MicroMega” dedicato al Maestro

Da MicroMega: Fellini proibito (con dei disegni di Federico Fellini) di Ganfranco Angelucci
Lea, Anna, Sandra, Nadia, Selma, Patrizia, Liliana, Giovanna, Carlotta, Giusy, Jolanda, Adriana, Daniela… Un saggio inedito, ricco di annotazioni e particolari finora poco noti, raccolti di prima mano dall’amico e sceneggiatore Angelucci, racconta del rapporto di Federico Fellini con le numerose donne che hanno attraversato la sua esistenza. Relazioni intense e fugaci, o legami che sono durati tutta la vita: ognuna delle donne incontrate dal regista di 8½ ha lasciato un segno indelebile, testimoniato anche dai numerosi disegni che Fellini ha dedicato loro, e di cui pubblichiamo una selezione.

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Gli immigrati? Sono tutti come il profugo Enea

800px-Aeneas'_Flight_from_Troy_by_Federico_Barocci

L’Italia, lo sappiamo, l’ha fatta culturalmente Dante. L’Occidente, invece, lo ha fatto Virgilio compilando l’Eneide. Non lo dicono i biliosi intellettuali, ma i più grandi scrittori del secolo scorso: l’americano trapiantato in Inghilterra Thomas S. Eliot e l’austriaco fuggito negli States Hermann Broch, ad esempio. L’Eneide, infatti, scritta sotto l’impero di Augusto, racconta la nascita di Roma e dunque dell’Occidente. E da chi viene fondata Roma? Da Enea, un troiano (cioè, un turco), che fugge dalla città devastata, in fiamme, prima sbarca a Cartagine, in Tunisia, infine, su un barcone, approda in Sicilia. Diversamente da Ulisse, che compie il suo viaggio per tornare a casa, a Itaca, Enea lascia per sempre la sua casa, per fondarne, nell’incertezza, una nuova. Con lui porta il padre e il figlio. E i suoi dèi. Risalendo l’Italia, deve combattere contro le popolazioni autoctone. Nel proemio dell’Eneide Virglio descrive Enea per quello che è: un uomo capace di estrema compassione (pio), ma un profugo. Profugo. Questo è Enea, ripassatevi il secondo verso dell’Eneide. Un profugo che sbarca sulle coste siciliane. E costruisce l’Italia, l’Occidente. La storia si compie continuamente, cari miei. Gli immigrati che approdano sulle nostre coste, musulmani o atei, sono centinaia, migliaia di Enea venuti qui a costruire la loro casa. Rassegnatevi e gioite.

Davide Brullo

 

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