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Da editore a banchiere della conoscenza

 

Comunicazione di Mario Guaraldi al Convegno sul tema
Le biblioteche di fronte alle sfide del futuro
Lugano 23 ottobre 2015

(Guaraldi_Da editore a banchiere della conoscenza)

Non so come questa immagine del Banchiere mi sia venuta in mente pensando al futuro dell’editoria: io che, figlio di un Direttore di Banca, costretto a entrare precocemente nel più odioso fra i santuari pagani del Dio denaro, ho detestato con tutte le mie forze le logiche disumane della finanza e la perversione della organizzazione sociale che ne è figlia, la società del consumo.

È successo qualche anno fa mentre lavoravo ad alcune mie lezioni universitarie (poi divenute un libretto, Radici di carta frutti digitali, che allego globalmente agli atti di questo incontro come fonte del ragionamento che cerco ora di ampliare). Parallelamente alla geniale intuizione del bengalese Mohammed Iunus, l’editore di cultura vi veniva immaginato come un banchiere che “presta capitali di conoscenza a chi ne ha bisogno per crescere nella giustizia. Il suo digital lending diventa non solo strumento di innovazione sul terreno della nuova economia del libro, ma condizione di sviluppo e di democrazia”.

Mi perdoneranno dunque i banchieri svizzeri per l’appropriazione (non del tutto indebita) di questo titolo e di questo ruolo che, seguendo l’esempio del vecchio “Passator cortese” della mia amata Romagna, intendo qui regalare all’editore del futuro.

La visione che tenterò di trasmettere in questa comunicazione, attiene in effetti ad un mondo in cui denaro e merci (libri inclusi, merci “nobili”!) non saranno più il motore propulsivo delle società evolute, bensì la “Conoscenza”, vale a dire i contenuti immateriali di ciò che chiamiamo “cultura”. L’Utopia, come ben sapete, è l’antidoto all’entropia. E il mondo del libro è ormai estenuato dall’entropia
innestatasi nel sistema produttivo e distributivo che lo ha fin qui sorretto nella sua dimensione di merce cartacea.

Mi consola comunque il fatto di non essere solo a esplorare questi pericolosi territori utopici.

Un economista un po’ matto (come il cappellaio di carroliana memoria), Umberto Sulpasso, mio amico, un paio di anni fa pubblicò per il Saggiatore un breve saggio intitolato Darwinomics in cui introduce il concetto di Gross National Knowledge Product, il PNS, Prodotto Nazionale del Sapere, come alternativa al rozzo e ormai decrepito PIL. L’autore vi sosteneva la impellente necessità di un’evoluzione planetaria verso una nuova economia della conoscenza (pena lo scatenamento di un apocalittico conflitto geopolitico globale per la gestione delle risorse economiche disponibili).

Doppio salto mortale: dal cappellaio-economista un po’ matto a Papa Francesco, che matto proprio non mi sembra! Lui, i territori di Utopia sembra praticarli quotidianamente, da quando è stato eletto “Vescovo di Roma”, nelle omelie pronunciate dal suo asilo politico di Santa Marta. Ha poi rincarato la dose con la sua prima Enciclica, Laudato si’, dove fin dalle prime pagine si elencano gli assi portanti che reggono il futuro della “casa comune” dell’umanità a partire dalla critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia con l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso.

La visione di una diversa economia del libro è in realtà ancora ben lungi dall’essere un sistema concettuale sostenibile. Personalmente confesso di avere le idee sempre più confuse al riguardo e per il momento mi limiterò soprattutto a correggere il tiro delle precedenti “visioni” che a torto mi hanno dato fama di “profeta della rivoluzione digitale” nel mondo del libro. Si tratta infatti di profezie quasi totalmente errate!

E giacché queste esse furono pronunciate nel 2006 e nel 2012 proprio in questa sede, ho accolto più che volentieri il terzo invito del Direttore della Biblioteca Cantonale di Lugano, che anche oggi ci ospita, per fare almeno pubblica ammenda dei miei errori se anche non riuscirò a dire qualcosa di più sensato sul futuro che ci attende. Come scriveva il semiologo Paolo Fabbri nella sua introduzione alle mie Profezie da due soldi “l’errore di previsione del profeta è allora la conseguenza dell’efficacia della profezia (self fulfilling prophecy): il profeta efficace è quello che si sbaglia, perché riesce così a trasformare il mondo!”.

Forse il mondo editoriale si è trasformato un pochino anche grazie alle mie errate visioni. Ma l’errore resta. E va analizzato…

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Navigando fra i miei sogni frantumati

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Costretto a casa da un doloroso herpes zoster allo sciatico (S.Antonio mi punisce …) perdo tempo navigando fra i miei sogni frantumati:  Google Play e Amazon. Dai sogni alla realtà nuda e cruda, ecco i libri  promossi e più venduti  su Google:

101 barzellette

50 consigli sexy per lui e per lei

Amici di letto

Call me baby

Hotter Hot

Il ritorno del Principe

L’educazione di Angelica

Le fantasie di un Miliardario

Io ­+te: desideri di un miliardario

Cimiteri: fatti realmente accaduti

La morte è soltanto il principio

Selezione Harmony

Sua anima e corpo

Schiavazzami

Non dirmi un’altra bugia

Arde la notte

Le streghe di Salem

Le città della perversione

Il prezzo della passione

Passione pericolosa

E via di questo passo…

La famosa autrice Gina L. Maxwell (?) si definisce una drogata di romanzi rosa che non ha nessuna intenzione di “disintossicarsi”. Da ben 11 giorni nella top 100 di Amazon ci imbattiamo nella notissima Rhoma G., autrice di L’uragano dentro di me, titolo che lascia incerto il lettore: si tratterà di una dolorosa indagine sul meteorismo dell’autrice o dei suoi  sommovimenti vaginali?

Colpo di fulmine da Harrods, Fredda dentro e – udite udite – L’arpeggio del cuore sono i titoli che Amazon garantisce essere stati acquistati dagli stessi lettori del suddetto Uragano.  Ricordano un celeberrimo testo goliardico degli anni ’50 dedicato alle flatulenze in formato musicale: “Chi mi frena?”, “Una voce poco fa” , “Si leva un fil di fumo”…

Interessanti soprattutto le copertine di questi best-seller: coppie abbarbicate come l’edera, sguardi languidi,  trucidi, lubrichi; bocche socchiuse in gemiti inespressi di improbabili piaceri . Un kitch che sarebbe sublime se non fosse un deja-vu degli anni ’50, un revival dei celebri fotoromanzi  per servette, riapparsi in versione digitale, un deja-web.

Possibile che ciò che residua dei lettori ami questa paccottiglia melensa che si direbbe incapace di eccitare un recluso in crisi di astinenza forzata di piaceri erotici? Si direbbe proprio di sì, i numeri non mentono. Inutile meravigliarsi se “Il libro dei miei sogni” di Federico Fellini, in tre lingue, non è entrato nelle top ten, e neanche nella top hundred, e nemmeno nella top thousand… Ma chi vogliamo prendere in giro? Ha venduto sì e no 20 copie.

Che piaccia o no, questa è la realtà degli eBook appena un decennio dopo le patetiche battaglie libertarie di inizio secolo.

Mario Guaraldi

 

Abbattiamo le librerie. Meglio un tablet

Brazilian Artists Create Labyrinth Using 250,000 Books
Se cerchi un libro, non vai in libreria. Non è un paradosso, lo sanno anche loro, le librerie.

Prendete le Feltrinelli: visto che ormai vendere libri è soltanto una delle tante attività di una libreria (e quella meno remunerativa), presentano dischi. In Feltrinelli più che lo scrittore da Nobel capita di incrociare la starlette di X-Factor. Oppure, per carità, il rocker più indipendente del Paese: ormai non esistono quartieri etici o giudizi estetici, si può vendere di tutto.

Comunque il dato resta: chi vuole un libro non va in libreria. Spalanca Amazon, digita, ottiene quello che vuole. Le librerie restano una piccionaia, uno specchio per allodole: chi non è abituato alla lettura, chi non sa cosa sono i libri, compra i libri in libreria. Così pensa di essere intelligente con Coelho sotto al braccio. Così pensa di essere colto con Flaubert in sacca – senza sapere che non basta l’autore-icona, conta l’edizione, la traduzione, l’editore…

Le librerie sono come i McDonald’s (tra l’altro, pacchiane leggi della società odierna, diventati ormai osterie che vendono hamburger salutisti, con schedina nutrizionale e dimagrimento 2.0). E visto che i fenomeni di massa ci fanno paura, ci riscaldiamo davanti al fuocherello dei fenomeni di nicchia.

Massimiliano Castellani in un interessante articolo uscito su Avvenire tre giorni fa redige la mappa dei “Librai alla riscossa”, cioè quei rifugi del sapere che non hanno di che spartire con i supermarket del libro, le Feltrinelli, per dire. Con la differenza che la materia prima è la stessa. Voglio dire: lo so da me che il negozietto sotto casa è meglio del fluorescente Conad a venti piani. Ma il tonno è sempre tonno, la marmellata sempre marmellata.

Si dirà, ma lì è a “chilometro zero”. Giusto. Ma alzi la mano chi conosce un libraio che smercia soltanto libri di editori della propria città. Nessuno. Tutti vendono la stessa roba: Mondadori, Adelphi, Rizzoli, se va bene qualche editore di medio cabotaggio. Se va meglio qualche piccolo, che però fa edizioni di pregio (e che perciò ha un sacco di soldi). Per evitare inutili romanticismi, precisiamo una cosa: la libreria non è questione di marchi, ma di persone. Spesso e volentieri le Feltrinelli reclutano il personale come fa McDonald’s. Meno ne sa, meglio è. Perché chi va da McDonald’s non vuole un consiglio enogastronomico, vuole un menù preconfezionato.

Di solito, invece, nelle piccole librerie indipendenti – come nelle osterie a gestione familiare – il proprietario è anche il migliore amico del compratore. Il suo consiglio vale oro.

Eppure, la mia esperienza da amante di librerie mi ha insegnato a non erigere steccati: il libraio più capace che conosca gestisce una libreria griffata Mondadori. Quello che ha ereditato la libreria di famiglia, per altro bellissima, è un cretino, di libri ne sa quanto un’ape. Il punto però è sempre lo stesso: vendono tutti la stessa roba.

E se io voglio, faccio per dire, Il quinto evangelio di Mario Pomilio oppure La montagna Hira di Inoue Yasushi oppure Claudiano tradotto da Milo De Angelis, non li trovo da nessuna parte. E se voglio la succosa novità del piccolo editore X mi rispondono immancabilmente “dobbiamo ordinarla”. Allora faccio da me, faccio prima. Per allargare il campo della questione occorre sapere che il libro “a chilometro zero” esiste.

Basterebbe abbattere le librerie attuali. Al posto dell’aula d’ingresso con impilati i libri dell’ultimo romanziere di successo (di solito da scartare come la peste), ci sarà un tablet. Il curioso – aiutato da un libraio competente – comincia la ricerca del libro preferito, perfetto. Lo trova. Clicca. Lo ordina. Il giorno dopo è stampato solo per lui (ed eventualmente, se uno è un feticista, personalizzato). A chilometro zero. Questo non è Blade Runner, ma la realtà, raccontata, se volete mettere fonti nello zaino, da Mario Guaraldi in Radici di carta, frutti digitali (2012).

E l’atmosfera mistica delle vecchie librerie? Sull’arredamento basta attrezzarsi. Potranno nascere librerie dedite solo ai libri di storia o solo ai libri fuori catalogo o solo ai libri di moda. L’importante è che chi entra in libreria possa trovare davvero il libro che cerca.
Davide Brullo

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